martedì 27 marzo 2012

La carta armena


Mercoledì 28 marzo  ore 17.00
Piazza della Chiesa Nuova, 18  |  00186 Roma
Incontro con Antonia Arslan
IL LIBRO DI MUSH

Vi ricordiamo l’incontro di domani con Antonia Arslan che ci introdurrà nella storia, affascinante e travagliata, del manoscritto armeno noto come “Omeliario di Mush”. Quest'ultimo era fatto di pergamena. Eppure all'epoca della sua creazione era già  diffuso l'impiego della carta per i manoscritti.
Frammento della decorazione
dell'Omeliario di Mush
Che origini aveva essa e come veniva trattata e impiegata nella creazione dei codici miniati?
Ne parla il saggio qui sotto, che è la parte introduttiva dello studio sui manoscritti armeni condotto dalla dott.ssa Yeghis Keheyan.

Riguardo ai processi di fabbricazione della carta cinese, araba ed occidentale si hanno molte informazioni, mentre non si conosce ancora molto sulla manifattura della carta armena, la cui produzione risale al sec. X. Fino all’anno 1000, in Europa erano noti solo dieci manoscritti su carta, di cui quattro erano di origine armena ed il resto di origine araba. La diversa manifattura della carta armena è stata evidenziata studiando il primo manoscritto armeno datato nel 981 d.C., ed alcuni frammenti di manoscritti datati tra il X e XIV sec. Le analisi fisiche e chimiche che sono state applicate dimostrarono che la carta riferita al periodo sopra menzionato, era prodotta a differenza di quanto si pensava, anche in Armenia.
Differentemente dalle materie prime utilizzate dai cinesi (bambù, gelso ecc.) e dagli arabi (stracci), gli armeni impiegavano le spighe di lino.
Al 981 risalirebbe il primo (n° 2679, pag. 152, Matenadaran, Armenia) e al 989 il successivo manoscritto in carta. La carta per questi manoscritti era prodotta nella città di Anì, antica capitale del regno armeno (nell’attuale Turchia) utilizzando spighe di lino.
L’Armenia, quindi, risulta essere dopo la Cina ed i Paesi Arabi, la terza nazione che ha cominciato ad utilizzare la carta come supporto scrittorio
Nei secoli successivi la carta era diventata l’unico materiale utilizzato per la stesura dei manoscritti, ma poiché la sua resistenza era minore di quella della pergamena, di questi manoscritti non ci restano che pochi esemplari. Nel Basso Medioevo (XIII sec.) l’Armenia importava la carta da Damasco (Siria) e Tabris (Iran) e successivamente anche dall’Europa. In particolare, dalla città di Damasco, furono importati anche altri tipi di supporti scrittori. La carta di Damasco era molto fine, elaborata e di maggiore qualità, mentre quella di Tabris data la sua ruvidità, veniva sottoposta a successiva lavorazione da parte di persone addette chiamate “lisciatori” che utilizzavano come piano di lavoro una superficie di marmo o di legno di pero (a seconda della regione).
I fascicoli erano costituiti da 8,10,12 pagine (sempre in numero pari), le quali venivano numerate con le lettere dell’alfabeto.
Prima del XIII sec. per l’operazione di collatura era utilizzata la farina di grano e l’amido, mentre successivamente è stata introdotta la gelatina. Nelle scuole che si occupavano dei manoscritti era molto importante restaurare i vecchi manoscritti, facendo nuove legature; tra i bibliofili vi era l’opinione diffusa che il restauro dei libri era un’operazione magnifica; uno scrittore del sec. XVII, nelle sue memorie afferma che restaurare 30-40 libri è una cosa grandiosa pari alla costruzione di- una chiesa. La lavorazione del manoscritto era più complessa quando si dovevano realizzare oggetti di arte e di lusso; i ricchi ordinavano per loro conto, manoscritti ornati con miniature. Il manoscritto doveva essere resistente ed avere una copertina bella e duratura; molto spesso erano abbelliti con ornamenti e vi sovrascrivevano sia il nome dell’autore che la data di creazione. 

Dal punto di vista artistico i manoscritti avevano più valore se la loro copertina era costituita da un materiale nobile come l’oro, l’argento o l’avorio e spesso tempestata con pietre preziose.

mercoledì 21 marzo 2012

Comune di Rieti riconosce il Genocidio armeno

Un'altra battaglia per il riconoscimento del Genocidio armeno portata avanti questa volta da Metaksya Vanoyan, armena residente a Rieti, si è coronata a Rieti con un atto importante.
Il riconoscimento del Genocidio armeno, previsto nell'ordine del giorno del Consiglio Comunale di Rieti  (quello del 20 marzo 2012) grazie al suo Presidente  Gianni Turina, è stato approvato all'unanimità.
La città di Rieti si era rivelata molto sensibile alle numerose iniziative socio-culturali organizzate e realizzate dalla dott.ssa Vanoyan mirate alla promozione storica e culturale dell'Armenia, nonché alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica, soprattutto delle giovani generazioni, alla questione del Genocidio armeno. 
All'insegna di questo atto di coraggio e giustizia, esprimiamo una grande soddisfazione e profonda gratitudine all'operato del Presidente Gianni Turina e del Consiglio Comunale.


mercoledì 14 marzo 2012

Varujan Vosganian a Roma

Gli amanti della lettura hanno avuto l'occasione di incontrare lo scrittore Varujan Vosganian, che presentava a Roma il suo romanzo, Il libro dei sussurri, in due sedi diverse:
il 9 marzo presso l'Auditorium Parco della Musica, nell'ambito del Festival Libri Come,  in un dialogo con Antonia Arslan;
il 10 marzo presso l'Accademia di Romania.
Riportiamo gli articoli che raccontano questi due eventi, correlati da alcune foto. 

http://www.auditorium.com/eventi/5258001
http://www.abitarearoma.net/index.php?doc=articolo&id_articolo=26043
http://magazineroma.it/2012/03/varujan-vosganian-il-libro-dei-sussurri-il-genocidio-degli-armeni-e-il-dialogo-con-i-morti  


Incontro nella biblioteca dell'Accademia di Romania



Foto ricordo con alcuni connazionali armeni


Intervento del presidente della nostra associazione Yeghis Keheyan  

martedì 13 marzo 2012

Omaggio ad Artavazd Pelešjan

15 e 16 marzo
IL KINO | Pigneto - Via Perugia 34, 00176 Roma 

Il cineclub  Il Kino dedica a  Pelešjan una rassegna delle sue opere.
Per conoscere il programma cliccate qui.


Artavazd Pelešjan nasce a Gumri in Armenia nel 1938. Pur partendo da una formazione tecnica che non gli preclude l’interesse per le discipline artistiche, nel 1963 si iscrive alla VGIK di Mosca, la più antica e prestigiosa scuola di cinematografia del mondo. Approfondirà i suoi studi sui maestri sovietici quali Eisenstein, Vertov, Romm, Yutkevich, Parajanov, ma anche europei quali Fellini, Pasolini, Antonioni, Godard e Resnais.
Con i  suoi primi cortometraggi La pattuglia notturna, La terra degli Uomini e Il principio ottiene non solo il riconoscimento, ma la fama: riceve numerosi premi, gli specialisti studiano il suo singolare metodo di montaggio che evoca nella memoria la poesia a differenza dell’ordinaria struttura e ritmica, proprie del cinema documentario.  
Nel 1969 esce il film Noi sul destino e l’identità del popolo armeno, accompagnato dall’espressiva musica di Aram Khachaturian,  per il quale il cineasta riceve il Gran Prix a Oberhausen. 
Tra il 1971 e il 1972, scrive “Il montaggio a contrappunto o la teoria del montaggio a distanza”, sue teorie cinematografiche che saranno incluse nel libro del 1988 "Moe Kino" (Il mio Cinema). 
Partecipa ai Festival di Rotterdam, Parigi, Pesaro, Nyon e Marsiglia, ma solo successivamente riceverà il giusto riconoscimento dei critici, che lo identificano come uno tra i più grandi cineasti viventi. E’ dunque attraverso la stampa specializzata, soprattutto francese, che comincia a dargli ampio spazio - che e in tutto il mondo i Festival del cinema documentario gli dedicano retrospettive. 
Nel 2000 riceve a Parigi il premio Scam (Société des Auteurs Multimédia) per l’insieme della sua opera.
Pelešjan è entrato nella storia del cinema non solo per il suo metodo del  “montaggio a distanza", ma anche come teorico, che ha promosso  lo sviluppo della teoria del montaggio, avviato da Eisenstein e Vertov.  
Sergej Paradžanov l'ha definito  «uno dei pochi autentici geni del cinema»
L’anno scorso il cineasta casertano Pietro Marcello ha presentato alla 68° Mostra del Cinema di Venezia un documentario su 74enne regista armeno dal titolo Il Silenzio di Pelešjan.




venerdì 2 marzo 2012

Incontro con Varujan Vosganian

Accademia di Romania | Piazza José de San Martin, 1 Valle Giulia
SABATO 10 MARZO alle ORE 18.00.


Sono passati quasi 5 mesi da quando ne abbiamo parlato nel primo post del nostro blog. Da allora “Il libro dei sussurri” che,  ricordiamo è il libro romeno più venduto degli ultimi dieci anni, sta conquistando i lettori anche  in Italia.
Il segreto del suo successo, ce lo svela lo scrittore  stesso, VarujanVosganian, in queste   righe:
"Il libro dei sussurri non è un libro di memorie, poiché gli eventi rimemorati nelle sue pagine non sono i miei ricordi. Direi che è piuttosto la biografia del XX secolo narrata da coloro che l'hanno vissuta. Nel Libro dei sussurri troviamo tutte le malattie di quel secolo: le guerre mondiali, il genocidio, il totalitarismo, l'esodo e la ricerca vana di sé. Il secolo XX ha inventato la morte non quantificabile e le fosse comuni. Si tratta prima di tutto della tragedia del popolo armeno, ma anche della tragedia del popolo romeno, di tutti coloro che hanno subito la storia, invece di viverla. Tutti i personaggi sono reali, gli accadimenti che hanno vissuto sono reali e proprio per questo Il libro dei sussurri appare così inverosimile, proprio perché è reale. Non mi sarei arrischiato a scrivere di tutto questo, se non vi fosse stato un fondo di spietata realtà."

Sabato 10 marzo ci verrà offerta l’occasione speciale per incontrare l’artefice di questa travolgente  storia.
La presentazione del libro si terrà nella suggestiva ambientazione dell’Accademia di Romania di Roma.
A conclusione della serata ci sarà un rinfresco.